Prima di addentrarci sullo specifico occorre affrontare preliminarmente il problema cruciale che ruota attorno all’utilizzo del trattamento di fine rapporto.
La possibilità di utilizzare il TFR quale forma di finanziamento per la previdenza complementare è stata concepita come una delle maggiori opportunità offerte ai dipendenti per costruirsi un’adeguata pensione integrativa. I lavoratori più giovani sono quelli che, gioco forza, sono maggiormente interessati alle forme pensionistiche complementari. Invece si è rivelata la principale molla psicologica che ne ha bloccato il decollo.
Volendo stipulare una polizza vita con la previsione di farsi corrispondere una rendita di una certa consistenza, si devono versare dei premi mensili molto alti. Per superare questo handicap e favorire il risparmio previdenziale, si pensò di utilizzare il trattamento di fine rapporto. Mediante l’utilizzo del Tfr non si devono versare somme consistenti, il sacrificio che si chiede, diventa accettabile, in sostanza il solo versamento minimo dell’1% della propria retribuzione utile al Tfr, in genere 30/40 euro mensili. In questo caso si aggiunge il versamento di una somma analoga da parte del datore di lavoro.
Ma quello che doveva costituire un facilitatore per le adesioni, si è rivelato alla lunga un freno, specie per i dipendenti del pubblico impiego scuola compresa
Il Trattamento di Fine Rapporto è una forma di retribuzione differita, liquidata al momento della cessazione del lavoratore pubblico dipendente. Si determina accantonando, per ogni anno di lavoro il 6,91% della retribuzione ed è rivalutato, su base composta, al 31 dicembre di ogni anno, di una percentuale costituita dall’1,5% in misura fissa e dal 75% dell’indice Istat dei prezzi al consumo.
I dipendenti pubblici assunti dopo il 31 dicembre 2000 hanno il Tfr. Quelli assunti prima dello 1° gennaio 2001 sono in regime del Trattamento di Fine Servizio (indennità di buonuscita) e l’adesione al Fondo comporta un percorso completamente diverso e seguirà un articolo ad hoc.
Assilla il pensiero che i propri risparmi siano investiti in borsa alla stessa stregua delle puntate alla roulette in un Casinò di Las Vegas o della Slovenia.
Il fallimento del fondo pensione americano Enron del 2001 non è assolutamente replicabile in Italia. Innanzitutto perché qui non ci sono fondi aziendali che comprano proprie azioni perché scatta il conflitto d’interessi e poi perché i fondi italiani non possono fallire (c. 5 art. 15 D.lvo 205/05).
Permane e sussiste il dilemma: Tfr alla cessazione, con rendimento certo o il Tfr al Fondo Espero per il personale della scuola con rendimento aleatorio?
In questo quadro di sfiducia e d’incertezze, solo i Pip, i piani pensionistici individuali, sono in aumento, perché non è obbligatorio versare il Tfr.
Molti si spaventano dal fatto che la scelta alla previdenza complementare è irreversibile quasi a perdere la disponibilità dei propri soldi, come se il Tfr fosse invece disponibile in qualsiasi momento. Invece non è così. Il Tfr diventa disponibile alla cessazione del rapporto di lavoro e per i pubblici dipendenti addirittura dopo due anni dal pensionamento e solo in casi eccezionali prima.
Con il Fondo si può chiedere un’anticipazione dopo otto anni d’iscrizione e il riscatto a favore dei beneficiari in caso di decesso.
Infine, quando si andrà in pensione, si può chiedere la pensione complementare, chiamata rendita, calcolata su tutto il montante accumulato. Oppure chiedere il versamento del 50% del capitale accumulato tutto assieme, una tantum come si dice, e il rimanente 50% in rendita.
Se il 70% del montante accumulato dà una rendita inferiore al 50% dell’assegno sociale, anche in questo caso si può chiedere il versamento di tutto il capitale.
Che cosa fare?
È necessaria una consulenza indipendente e neutrale - da compiersi possibilmente in presenza, per un confronto immediato, completo e approfondito con la persona interessata – mantenendo un punto di vista tecnico-normativo ed economico che consenta al singolo lavoratore di assumere le informazioni tecniche necessarie.
Tanto al fine di scegliere liberamente e consapevolmente l’adesione alla previdenza complementare Fondo Espero e conoscere i fattori soggettivi e oggettivi da valutare prima di aderire.